E’ lo slogan della regione Emilia Romagna per promuovere
iniziative di sensibilizzazione e misure volte al miglioramento dell’aria che
respiriamo. Detta così si tratta certamente di un’iniziativa lodevole, il
problema, dal mio punto di vista consiste nel metodo. La misura principale
sulla quale si basa questa campagna è la limitazione del traffico privato per i
veicoli che non rispettano le ultime normative sulle emissioni. Perché non
credo che questa misura possa essere utile? Innanzi tutto il problema
principale degli inquinanti è riconosciuto da tutti gli esperti nelle
concentrazioni di polveri sottili: bene, il traffico stradale è responsabile in
minima parte di queste emissioni, come risulta anche da questo articolo https://aspoitalia.wordpress.com/2015/12/30/inquinamento-il-colpevole-nascosto/,
e le limitazioni per i veicoli più datati è poco più di un palliativo per la
riduzione dell’inquinamento, mentre spinge molte persone a cambiare la propria
auto, anche se ancora perfettamente funzionante, per passare ad un nuovo
modello, usufruendo anche di incentivi, solo per poter circolare liberamente.
Bene, così si incentiva anche l’economia! Fermiamoci a pensare un attimo.
Stiamo rottamando un veicolo perfettamente funzionante per sostituirlo con un
altro che, nella migliore delle ipotesi, avrà emissioni che sono la metà di
quello precedente; ma come risulta dall’articolo precedentemente menzionato, ed
anche da molti altri, la responsabilità del traffico automobilistico è
valutabile in circa il 25% delle emissioni totali e di queste oltre la metà è
attribuibile al consumo dei pneumatici, dell’asfalto, delle pastiglie dei freni
ed altro che non dipende dal fatto che il nostro veicolo non rispetta le ultime
norme sulle emissioni. Ma questo miglioramento, pressochè irrilevante, nelle
emissioni quanto lo paghiamo? Quanto costa, in termini di emissioni e di
impatto ambientale, la demolizione di un’automobile? Quanto costa costruirne una
nuova? Purtroppo non ho trovato studi che approfondissero questo aspetto
(certamente non sarebbero sponsorizzati dalle industrie automobilistiche), ma a
sensazione direi che l’impatto ambientale per la demolizione di un veicolo e la
produzione di uno nuovo è qualche ordine di grandezza maggiore del risparmio di
emissioni che permette il veicolo più moderno.
E allora? Ci rassegniamo? Io non sono un esperto di questo
settore, ma qualche riflessione si può fare.
Interventi sul traffico: l’obiettivo principale sarebbe
quello di diminuire il traffico privato e favorire il trasporto pubblico, o
favorire l’utilizzo della bicicletta per gli spostamenti in città; belle
parole, ma si sta tentando di farlo da tempo con scarsi risultati. Perché non
promuovere l’adozione dell’orario continuato nelle fabbriche e negli uffici,
magari con qualche incentivo di tipo fiscale per le aziende che aderiscono? Si
otterrebbe il risultato immediato di dimezzare gli spostamenti e di favorire l’utilizzo
della bicicletta (se uno deve coprire 4 volte al giorno un tragitto casa lavoro
di 7 km, pensando di doverlo fare 2 volte in estate in pausa pranzo con oltre
30 gradi, avrà molte difficoltà ad usare
la bicicletta, ma se fossero 2 volte ed in ore più fresche ci potrebbero essere
molte più persone spinte a farlo).
Interventi sui veicoli: il diesel gate dovrebbe averci
insegnato qualcosa. Non sono un esperto, ma la Volkswagen non ha certo
sostituito il motore dei suoi veicoli per farli rientrare nelle rigide
normative americane; questo significa che è possibile agire sui motori
(rimappatura centraline, introduzione di filtri antiparticolato, ecc) per
renderli meno inquinanti. Oggi è possibile trasformare anche i motori diesel in
alimentazione a GPL e metano (molto meno inquinanti). Gli incentivi dovrebbero
essere utilizzati per queste trasformazioni e non per spingere alla
sostituzione di veicoli ancora validi (senza considerare il fatto che a volte
si sostituisce un veicolo di piccola cilindrata con uno di cilindrata maggiore
più inquinante del precedente anche se appartenente alla migliore classe Euro).
Interventi sul riscaldamento: come si è visto il maggior
responsabile dell’inquinamento da polveri è il riscaldamento domestico e
principalmente quello che utilizza biomasse; la cosa più paradossale è che tali
tipi di combustibile sono anche incentivati: chi sostituisce una caldaia a
metano con una a pellet può detrarre dalle tasse il 50% della spesa. Anche in
questo caso gli incentivi non dovrebbero essere distribuiti a pioggia, ma solo
dimostrando che il nuovo impianto dà effettivamente dei vantaggi ambientali
quantificabili e superiori ad una certa soglia. Si dovrebbe inoltre favorire la
diffusione dei dispositivi a pompa di calore, soprattutto se abbinati ad impianti
fotovoltaici per la produzione di
energia elettrica.
Queste riflessioni non hanno la pretesa di essere esaustive,
sono state redatte documentandosi semplicemente da quanto offre la rete, non
sono frutto di uno studio scientifico, ma vorrebbero essere uno spunto di
riflessione per analizzare in modo critico quanto ci viene propinato
quotidianamente.